(Fonte foto: calciomercato.com)
Guardo il calcio di oggi e, pur essendo un amante sfegatato del Toro, non sento più le farfalle che volavano nello stomaco prima della partita, fosse giocata o vista allo stadio. Quale sia il motivo? Se avessimo un’oretta ve lo direi, ma non l’abbiamo e quindi diciamo che il business ha soppiantato di molto la passione. Voilà!
Non che prima non ci fossero gli interessi economici ma erano di gran lunga assai meno importanti e lasciavano spazio agli interessi sportivi. Mi han detto tante cose sul calcio di una volta i calciatori del mitico Toro: Pulici, Claudio e Patrizio Sala, Rampanti, Salvadori, Cereser, ecc. tutti giocatori con cui ho avuto modo di colloquiare amabilmente del Toro che fu. Sono stato consigliere e tesoriere del “Centro Coordinamento dei Toro Clubs” per l’intera durata di esistenza dell’associazione e pertanto ho avuto modo di parlare molte volte con loro e conoscere, anche con dovizia di particolari, ciò che avveniva in quegli anni nel Torino Calcio e nel mondo del calcio di quei tempi.
Una cosa, ad esempio, mi è rimasta impressa: Claudio Sala e Pulici mi dissero che i contratti si firmavano annualmente e i più bravi, e loro erano tra i più bravi, guadagnavano un importo che, per un raffronto, ti permetteva di acquistare un alloggio all’anno. Oggi gente come Pulici e Claudio Sala guadagnerebbe come i migliori giocatori della nostra Serie A, semmai fossero rimasti nella nostra Serie A perché probabilmente sarebbero stati “invitati” a trasferirsi in Club inglesi, francesi o tedeschi. Fate voi ora il conto.
Ma veniamo al motivo di questo mio scritto: com’era il calcio dei ragazzi degli anni ’70, di quelli che come me allora avevano tra i 15 e i 18 anni. Eh beh… era passione, era passatempo, era sfida, era crescita personale, era insegnamento, era l’unico divertimento che avevamo oltre ai motorini e scooter, che non
tutti ovviamente potevano avere per via del costo e del mantenimento. La partita di calcio o di pallone come era anche detta, si giocava quasi tutti i giorni, al pomeriggio dopo la scuola e il pranzo, in genere alle 14,30 un’ora dopo aver mangiato. Mi son sempre domandato come facevamo a digerire il pranzo che non era uno spuntino, ma si digerivano anche le pietre allora: l’età è l’età… of course.
Durante la settimana giocavano le squadre dei palazzi circostanti, anche detti condomini
che erano molto ben forniti di parco giocatori. Al sabato spesso si giocava contro squadre di altre zone limitrofe, ma non era una prassi, anzi era una occasione particolare. La domenica era dedicata allo stadio e quindi nessuna partita veniva giocata. Allo stadio si andava alla mattina presto, verso le 9 per cazzeggiare con gli amici e si aspettavano con ansia le 13 quando aprivano i cancelli e poi le 15 quando iniziava l’incontro. La partita aveva queste condizioni o modalità, chiamatele come volete ma, era questo lo svolgimento della prassi, non in rigorosa sequenza come sotto elencato:
- Il più scarso stava sempre in porta
- La partita finiva comunque quando tutti erano stanchi
- Ma se il padrone del pallone si arrabbiava la partita finiva
- Con qualsiasi punteggio chi segnava per ultimo vinceva
- Non c’era nessun arbitro, era un facciamo noi
- Era quindi fallo solo se era molto chiaro
- Non esisteva il fuorigioco
- I due più bravi non potevano stare nella stessa squadra
- Se venivi scelto per ultimo era una grande umiliazione
- Si giocava anche 2-3 ore di fila
- La partita si interrompeva quando passava un anziano
- I giocatori del quartiere vicino erano nemici per sempre
- Quando giocavano i più grandi, si lasciava il campo senza protestare
- Le porte erano due pietroni o due giacche
- La traversa era il braccio alzato del portiere, più alto era fuori
- Quando il portiere veniva spinto il gol non era valido
- Se era rigore si toglieva lo scarso e parava il migliore
- Le regole si stabilivano prima della partita
- Visto il tipo di terreno su cui si giocava, si tornava a casa come delle carte geografiche
e le urla delle mamme si sentivano fino a sera - C’era sempre qualche idiota che non ti lasciava giocare e minacciava di prendere la
palla e di bucarla - A questo idiota lo stuoino della porta spariva regolarmente
- Non c’era nulla in palio ma se perdevi era un affronto che durava fino alla partita
successiva
Questo era il mio calcio, era il calcio vero dei ragazzi dell’epoca. Mi dicono amici più giovani di me che anche negli anni ’80 e ’90, quanto ho elencato lo ricordano anche loro e ci credo perché il grande cambiamento lo si è avuto dal 2000 in avanti con l’avvento generalizzato dei cellulari, delle play station, delle diavolerie elettroniche che tutti conosciamo e che, ahimè hanno dato il colpo di grazia al nostro mondo.
Enzo Randazzo
Una risposta
Anche negli anni 80 era così. La cosa bellissima era che tutti noi andavamo al “campetto” di terra alle 2:30. Era un rituale, non era necessario accordarsi per telefono . C’era un sentimento “collettivo” e non “individuale”.