(Fonte foto: romatoday.it)
Per l’ennesima volta chi è andato allo stadio domenica per vedere il derby capitolino si è trovato ad assistere non ad una partita di calcio, bensì un’esibizione di odio e di rabbia, percepibili sia sugli spalti che sul campo da gioco.
Sul campo, infatti, i dirigenti della Roma, a cominciare dal suo famoso allenatore provocatore Josè Mourinho, ma anche da tutti i vari accompagnatori e addetti, medici sociali e compagnia bella, si sono comportati in maniera incivile e antisportiva con la terna arbitrale ed il quarto uomo, reclamando falli, rimesse laterali, ammonizioni, ben prima che il direttore di gara potesse prendere una decisione, condizionandone o disturbandone le scelte e il giudizio in maniera tanto teatrale quanto di parte.
Dentro e fuori dal campo sono successe risse e non solo tra giocatori, un comportamento che, da parte della Roma e dei suoi dirigenti, è sempre lo stesso ormai da tempo e a proposito del quale la procura federale aprirà un’inchiesta.
Sugli spalti, invece, abbiamo assistito, ancora una volta, a cori e insulti antisemiti, nella più fedele tradizione laziale, con un collegamento alla politica e alla storia italiana del “ventennio” fin troppo evidente. Ma questa volta, addirittura, abbiamo avuto il “piacere” di vedere la ciliegina sulla torta: un tifoso biancoceleste con indosso una maglietta che inneggiava spudoratamente ad Hitler, recante sulle spalle la scritta “Hitlerson” e sulla schiena il n° 88, quello che rappresenta il saluto nazista.
Lo stadio ormai è diventato espressione di tutto quello che la società sente nel bene e nel male ma dobbiamo precisare che soprattutto riesce ad essere il teatro di rappresentazione di quel malessere sociale recondito ma sempre molto percepibile che si fa fatica a capire e a spiegare. Non basta una guerra alle porte dell’Europa, dobbiamo esprimere astio e rabbia anche in quel posto, ormai diventato porto franco di ogni sentimento di frustrazione e di rigetto della società, dove invece molte famiglie portano i bimbi a vedere semplicemente quella che ormai possiamo definire come “il contorno inutile di ciò che succede in uno stadio”, la partita di calcio.
Certo, un bell’esempio da parte di un pubblico di ignoranti e di maleducati, che riesce sempre in modo vittorioso a rappresentare in negativo tutti gli spettatori, soverchiando chi va tranquillamente per assistere ad un evento sportivo, un pubblico –almeno a Roma – formato oggi in buona parte da nostalgici di periodi storici da dimenticare e di persone che hanno smarrito il concetto di sport come valore morale ed etico.
Per fortuna è notizia delle ultime ore l’identificazione e l’esclusione a vita dalla frequentazione degli stadi di quei tifosi laziali che si sono resi protagonisti dei comportamenti di domenica: sia il tifoso con la maglia inneggiante a Hitler che quelli che facevano il saluto romano sono stati individuati e su di loro sono stati presi provvedimenti con riferimento al codice etico che prevede, per le azioni più gravi, misure drastiche più impattanti rispetto alla daspo. La società biancoceleste, inoltre, si costituirà parte civile per la richiesta di risarcimento danni qualora dovessero essere aperti dei procedimenti legali al riguardo, come sicuramente avverrà.