(Fonte foto: pagina facebook ufficiale di Gianni Minà)
Da molti anni messo in disparte dalle tv o forse ritiratosi, per la difficoltà nel riconoscersi in un mondo che accelerava sempre di più inghiottendo mode ed ideologie. Gianni Minà, di famiglia siciliana ma torinese di nascita, ha scritto pagine enormi nella storia del giornalismo. Scrittore, giornalista e conduttore televisivo, non ha mai tradito il suo pensiero dal punto di vista editoriale, mantenendo una coerenza di idee inconfondibile anche quando il suo credo politico stava diventando ingombrante per lavorare. Impossibile per lui comunicare, rivolgendosi ad una platea più curiosa di spiare “nelle case” del Grande Fratello o su isole lontane, anziché scoprire fatti e personaggi che trasudano emozioni. Perciò si chiude a curare le cose che ancora gli danno piacere come dirigere la rivista letteraria “Latino america e tutti i sud del mondo”.
Il personaggio in sé ispirava sorrisi e simpatia, un piccolo uomo con la faccia tonda, i baffetti e i capelli lunghetti, quasi una figura fumettistica resa umana da uno sguardo pieno di umanità, da una continua ricerca del lato emotivo delle persone che lui intervistava. Sembrava non essere interessato al “cosa” facevano ma più al “come” facevano, al mondo che girava attorno ai personaggi da lui scelti e alle riflessioni che producevano. Gianni Minà ha incontrato e intervistato personaggi iconici del secolo passato, lasciando una serie di testimonianze emozionanti, Muhammad Alì, Fidel Castro, Diego Armando Maradona, Federico Fellini, Sergio Leone, Gabriel Grarcia Marquez, Robert De Niro sono solo una piccola parte dei nomi con cui ha lavorato, ma la cosa più interessante è stato il livello di complicità e riverente confidenza che i protagonisti gli hanno sempre concesso, in segno di grande rispetto.
Nella tv pubblica ha collaborato alla creazione di due tra le più geniali trasmissioni mai prodotte a mio parere, Blitz e L’Altra domenica (assieme a Renzo Arbore), facendo nascere una generazione di personaggi televisivi e dando via allora ad un modo nuovo di “fare tv”.
Amante dello sport e cronista sportivo ha seguito, sempre per la RAI, otto mondiali di calcio e sette Olimpiadi, senza mai tralasciare l’aspetto e il contesto sociale, nel 1978 venne espulso dall’Argentina per aver posto in diretta tv domande sui Desaparecidos al Capo dell’ente organizzativo, Carlo Alberto Lacoste (sarei curioso di seguire una sua intervista oggi a Zelens’kyj, Putin o Biden).
La sua passione per il calcio trovava sfogo nell’amore per il suo Torino di cui è rimasto tifoso nonostante le disavventure e di cui mai ha fatto mistero, mantenendo sempre un punto di vista lucido e obiettivo quando gli capitò di parlarne per lavoro e per la simpatia verso il Napoli, per quel lato sudamericano con il quale i napoletani hanno saputo stregare anche Maradona.
Rileggendo la biografia di Minà è impossibile riassumere davvero tutto il suo lavoro in poche righe, troppi e svariati gli argomenti che ha esplorato, dall’intrattenimento ai documentari, dallo sport alla politica, mantenendo sempre equilibrio, eleganza nell’espressione e semplicità nell’ immagine, mai giudice ma spesso confessore, merce rara da sempre. Quello che possiamo dire oggi, a due giorni dalla sua scomparsa credo sia solo “Grazie!”, il materiale che ci hai lasciato in dono è di un livello talmente alto che potremmo riguardarlo ancora in futuro, ricordandoci di quel personaggio da fumetti che sapeva emozionare con le storie che ci regalava.