(Fonte foto: Eurosport)
Da molti anni i poteri che gestiscono il calcio hanno sfilato il gioco dalle mani dei tifosi, relegandoli a cornice poco pregiata del quadro, quasi sopportando la loro esistenza solo per non alterare definitivamente l’immagine del gioco del calcio, che tra i tifosi è nato e tra i tifosi si è sviluppato, fino a creare una simbiosi tra essi, calciatori e città, un legame che regalava emozioni uniche e legami duraturi, attraverso reciproca stima e senso di gratitudine corrisposto da tutte le parti coinvolte. Certo regalava anche il contrario, odio e senso di rivalsa, tutto faceva parte del gioco e lo rendeva unico, sanguigno, verace… in una parola “coinvolgente”.
Il fenomeno calcio si è sviluppato talmente tanto fino a diventare un vero e proprio business, per i presidenti, per i fondi finanziari, per i procuratori, per i calciatori e anche per qualche gruppo ultras che si è “impadronito di curve” facendone mercato e fonte di reddito (nero). Gli unici che hanno perso sono stati i tifosi, quelli semplici, i club, gli amici o le famiglie che andavano allo stadio. A loro non è rimasto niente.
Essendo diventato una macchina da soldi, il calcio da ormai circa 30 anni solletica le attenzioni degli squali della finanza, magnati russi con le loro megalomanie, sceicchi arabi in cerca di visibilità e giocattoli costosi, fondi americani in cerca di affari e molti personaggi in cerca di lavatrici per capitali da riabilitare.
Tutto questo ha innescato una battaglia non più giocata sui campi da calcio (e questa è la grande sconfitta per noi tifosi), bensì nelle trame di palazzo dove partite e classifiche vengono spartite e decise sulla base di un merito indotto. Ovvero le posizioni di classifica che portano denari nelle casse delle società sportive sembrerebbero già decisi. Mai un sussulto, mai una novità, a meno che una società non riesca ad entrare nel circolo dei “gestori” a scapito di un’altra società magari meno influente o diventata meno potente.
Tutte le organizzazioni che dovrebbero regolamentare il tutto non adempiono al loro dovere, assecondando il volere politico di chi comanda davvero, i soldi. Noi tifosi abbiamo così perso tutto. Ci hanno dato piattaforme costose dove seguire le partite che generano guadagni per i gruppi finanziari che si occupano (spesso anche con un pessimo servizio) di trasmettere le farse sul campo.
Occorre fermarsi a riflettere e domandarsi: ma davvero ci piace questo calcio? Davvero dobbiamo assistere alla farsa di campionati come questo? Penalizzazioni di punti tolti, poi riassegnati e poi tolti di nuovo in parte, squadre complici non penalizzate, arbitri che commettono errori macroscopici nonostante il var, sospingendo e favorendo alcuni a scapito di altri. Ed in tutto questo sviluppano e proliferano procuratori che gestiscono calciatori facendogli cambiare casacca nonostante un contratto ancora in essere di altri due anni. Ma a noi cosa resta?
Onestamente, al netto di quello che saranno le varie indagini e i vari processi, nei prossimi mesi credo che non ci saranno santi, ma tutti colpevoli, perché se il calcio oggi è ridotto a questo pantano, tutti hanno contribuito. Purtroppo anche noi tifosi, non vedendo e non capendo che il grosso flusso di denari non avrebbe reso il calcio migliore. Miopi dello scenario che si andava designando, non siamo stati capaci di comprendere che il denaro avrebbe semplicemente aperto ad un mercato di squali dove i più potenti mangiano per tutti e agli altri toccano i miseri resti.
Oggi la Juventus paga e probabilmente pagherà a caro prezzo certe leggerezze. Ma chi le pagherà realmente? I dirigenti in fuga? I calciatori pronti alla fuga già con contratti nuovi in tasca? Credo che a pagare realmente saranno i tifosi, uniche vittime di questo sistema. Questo è solo un esempio su cui riflettere, perché loro avranno sì ancora una squadra da tifare oppure da seguire, tuttavia sarà molto ridimensionata negli obiettivi e nell’organico.
Sarebbe forse il caso che i tifosi facessero un passo indietro, che cominciassero davvero a pensare se si riconoscono in questo calcio, se è questo il calcio che vogliono e forse sarebbe una buona soluzione pensare di cominciare a parlarsi tra tifoserie diverse. Trovare un punto d’incontro per poter far valere il loro punto di vista e la loro voglia di calcio. Un passo indietro per poterne fare due in avanti e contare qualcosa.
Laziali, romanisti, torinisti, juventini, bergamaschi, bresciani, veronesi, napoletani e tutte le altre tifoserie unite in difesa del calcio. Poi magari avversari sugli spalti come è giusto che sia. Solo così si potrà aprire una nuova fase del calcio. Diversamente, se il pensiero resterà quello di farci la guerra tra tifosi, basata sul concetto “Noi vinciamo e voi perdete perché siamo più potenti” (un sunto sullo stile Juve ancora vigente), avremmo perso tutti, esattamente come i tifosi della Sampdoria.