(Foto di Dương Hoàng da Pixabay)
Al termine di ogni torneo restavano le scorie e gli infortuni da gestire e smaltire. Nei ragazzi più giovani, tranne casi sfortunati, non si manifestavano grossi problemi, ma negli uomini già adulti e poco allenati il minimo era smaltire l’acido lattico accumulato. Era facile vedere movenze e camminate stile Frankenstein, il bar il giorno dopo la partita sembrava popolato da tanti Frankenstein.
I casi più sfortunati come stiramenti, strappi o contusioni venivano gestiti dal farmacista del quartiere, che in quei giorni veniva preso d’assalto; consigli e nozioni su come e con quali prodotti curare i danni causati dalle incaute giocate diventavano il suo pane quotidiano.
Una volta durante una partita vidi una delle “mezze rovesciate” meno riuscite e più pericolose che mi sia capitato di vedere: un uomo già su con l’età che in passato era stato un buon giocatore, credo avesse giocato anche oltre la categoria, durante un’azione si trovò spalle alla porta con un pallone che arrivava teso, giusto giusto per provare la rovesciata. Un tempo avrebbe eseguito questo movimento con movenze giuste, elastiche, con coordinazione adeguata, ma mal allenato e abbondantemente oltre i 40 anni come in quel periodo, con un fisico non più prestante o almeno da non poter permettere certe mosse azzardate, finì con lo spaventare tutti i presenti.
Si lasciò trasportare dall’istinto e si lanciò nel movimento per compiere la rovesciata ma, arrivato a metà della rotazione, visto che il suo fisico non rispondeva più come un tempo, si ritrovò praticamente in posizione orizzontale, sospeso per un attimo ad un metro e mezzo da terra, senza riuscire più a chiudere il movimento e ricadendo con un tonfo sordo come un sacco di cemento buttato a terra.
Si alzò una nuvola di polvere e calò invece il silenzio per alcuni secondi, il gelo era sceso sul campo e la paura che si fosse fatto male davvero la ebbero in tanti.
Si formò un capannello di persone intorno e piano piano si rialzò, lo aiutarono a respirare con quella manovra che tutti i calciatori conoscono bene, facendo roteare le braccia verso il cielo, poi venne sostituito, usci e andò subito a casa senza vedere terminare la partita.
Era stata una mezza rovesciata perché fino a metà era riuscita, ma si era inceppata sul più bello e credo che dal punto di vista fisico andò bene davvero, il colpo subito era stato duro ma fortunatamente non aveva causato grossi danni.
Penso che sia andata peggio per l’orgoglio, la ferita che gli procurò quella maldestra azione credo abbia messo il “vecchio leone” davanti alla realtà…non lo vidi più giocare, né in quel torneo, né mai … certe cose le capisci solo quando tocca a te trovarti in situazioni simili, capita una volta ed è l’unica, l’ultima, sai che non ce ne sarà un’altra.
Capisci che quella è l’ultima borsa che disfi, che quelle scarpette non ti serviranno ancora e l’odore di olio canforato misto al profumo di shampoo alla mela verde non li sentirai più.
Quella sensazione l’ho provata anch’io, dopo qualche tempo che non giocavo. Mi trovai coinvolto in una partita, non ero davvero più in grado, ero lento, impreciso e scoordinato, ricordo mio figlio di 8 anni che era a bordo campo, mi avvicinai per battere una rimessa laterale e mi chiese: “Papà, ma perché sbagli tutto?”
Eccolo…era arrivato il momento di dire “mai più”.
Anche se era qualche tempo che non giocavo, mentalmente non avevo ancora chiuso in modo definitivo. Mio figlio mi aveva appena aiutato a decidere che quella era davvero l’ultima borsa e l’ultima doccia in uno spogliatoio da calcio.
Ora quando mio figlio gioca vado a vedere lui, spesso mi ricordo che un tempo ci stavo anch’io su quei campi… e penso a quanto mi piacerebbe poter provare certe sensazioni ancora una volta …
Il capitolo infortuni non è ancora terminato, nella prossima puntata vi racconto di quella volta che giocammo con il portiere vestito da mela verde…