(Foto di Pexels da Pixabay)
Come detto non eravamo sportivi e l’etica dello sport ogni tanto andava a farsi benedire, poteva capitare qualche partita più movimentata e i cartellini scattavano; quindi, tra infortuni frequenti e squalifiche altrettanto repentine spesso eravamo in difficoltà numerica.
Allora si andavano a cercare giocatori da tesserare per tamponare le mancanze, capitò così una stagione che a fine anno avessimo 30 tesserati, assurdo per una squadra che faceva il campionato Uisp a 7.
Successe una volta, quasi a fine campionato, di giocare una partita in un paese in provincia di Spezia, Follo per la precisione. A termine partita, proprio negli ultimi minuti, dopo una serie di scaramucce e provocazioni reciproche, le minacce e le promesse di saldare conti si tramutarono in fatti e ne seguì una rissa incredibile.
L’arbitro tentando di sedare il nervosismo mostrando generosamente “gialli” a destra e a manca aveva innervosito ancor di più i giocatori, che ad un certo punto cominciarono ad azzuffarsi, così ad un tratto era un continuo scambio di colpi, calci e schiaffi. Il direttore di gara, che era rimasto coinvolto suo malgrado nel bailamme, lo ricordo con il cartellino rosso in mano mentre con il braccio ben alzato mostrava il segnale di espulsione e con l’altro menava e si faceva largo verso l’uscita del campo a schiaffoni.
La cosa assurda era che fuori dal campo i pochi spettatori avevano preso a litigare tra loro, quindi era un escalation di nervosismo e la stessa moglie o compagna dell’arbitro si stava azzuffando con alcune persone che avevano offeso il suo diletto, un caos totale.
Il tutto si esaurì dopo qualche minuto grazie all’intervento di qualche persona dentro e fuori il campo un po’ più responsabile, ma fu una strage, non tanto fisicamente con qualche colpo dato o preso, qualche occhio nero, ma amen…
Il referto arbitrale, giustamente, fu impietoso e la nostra squadra dovette affrontare il problema di dover sostituire cinque giocatori squalificati nelle tre partite che sarebbero seguite.
Onestamente non c’erano posizioni di classifica da difendere, eravamo tra gli ultimi, non poter giocare ci dispiaceva perché veniva a mancare un momento di comunione tra noi amici, l’appuntamento del lunedì sera che tanto ci piaceva, in più il problema grosso era che, così tante squalifiche in una volta, non ci davano proprio la possibilità di mettere in campo una squadra.
Le storie come questa in campionati minori o amatoriali sono frequenti, il calcio quando è vissuto senza filtri un po’ è così, sanguigno e spesso preda degli istinti, quando in palio non c’è nulla se non il piacere di giocare a volte si viene travolti da troppa euforia che scontrandosi con l’euforia degli avversari può dare vita a momenti folkloristici.
Tornando a noi, dopo aver cercato giocatori da poter tesserare e schierare al posto degli squalificati, senza troppa fortuna, trovammo un escamotage. Non potendo fare altrimenti decidemmo di utilizzare i cartellini degli infortunati, sostituendo le fotografie con le nostre, quindi io non ero più Massimiliano Bertagna ma bensì Claudio Cerretti e così anche per gli altri quattro espulsi.
Avevamo risolto il problema e gli arbitri ignari non dissero nulla, non era un inganno per barare e vincere a discapito di altri più meritevoli, eravamo terz’ultimi in classifica se non sbaglio, noi volevamo solo giocare e divertirci, ma spesso certi aspetti passano inosservati agli occhi di chi certe dinamiche non le comprende, fu così che un giocatore di una squadra incredibilmente più scarsa della nostra, venendo a vedere una partita nostra notò che gli squalificati erano in campo.
Andò a segnalare la cosa che ebbe conseguenze per tutti…
…alla prossima puntata