Togliamoci un sassolino

(foto di Franz Russo)

Era il primo novembre 2019 quando nella mia esperienza da Columnist per la testata Toronews.net pubblicai questo articolo. Non era il primo e non fu l’ultimo, ma fu quello che fece attivare un meccanismo che mi indusse a non scrivere più per Toronews. Da allora ho collaborato con Toro.it fino a dedicarmi qui, su Calcioealtrestorie, tralasciando di proposito tutto ciò che riguardava il Toro. Sì perché mi ero stancato di scrivere concetti chiari che molti facevano finta di non capire relativamente alla presidenza di Urbano Cairo. Ma mentre io anni fa indicavo la luna diversi colleghi e tifosi guardavano il dito. Sono stato fatto oggetto di attacchi e commenti a volte fuori le righe, che devo ammettere, col tempo mi hanno svuotato. Un detto delle mie parti recita “A lavà la coccia aj asinu, ce se remette tempo e sapo’”, tradotto “A lavare la testa all’asino si perde tempo e sapone”. Nello specifico vuol dire che avventurarsi in imprese difficili, che portano via solo tempo ed energie, non ne vale la pena, come ad esempio l’ostinarsi a spiegare ai numerosi miei detrattori quanto la presidenza Cairo fosse una delle cose più sciagurate accadute al Torino dal dopo Superga.

Se dunque con tanta forza mi concentro e cerco di trovare un lato positivo nella faccenda della cessione di Raoul Bellanova, non è il fatto che io avessi ragione (non me ne può fregare di meno), ma che finalmente molti sembrano essersi accorti chi sia realmente il presidente del Torino e quali interessi porta avanti. Infatti in nessuna società assistiamo ad un allenatore, Paolo Vanoli, che candidamente dichiara che un suo giocatore viene ceduto a sua insaputa (clicca qui per ascoltare le sue parole). Mi spingo a dire, addirittura, non avendone riscontro ma cullando esclusivamente una personale sensazione, che anche Davide Vagnati sia una “vittima” del presidente. Il DS non si sarebbe mai spinto in quell’incauta affermazione se avesse avuto il minimo sentore di una cessione imminente dell’esterno destro. Anche perché Vagnati, come ha dichiarato Roberto Policano in diretta su Calcioealtrestorie nella puntata di venerdì 23 agosto (clicca qui per vederla), è un professionista che segue i giocatori sul campo di tutta Europa e non solo. Non è quel finto professionista che una società gestita da Urbano Cairo meriterebbe.

Dunque non mi resta che ripetere, presidente, che se in vent’anni non ha portato un risultato sportivo degno di nota, se ha vinto solo un derby, se il Torino FC si è qualificato solo due volte, da ripescato, in Europa, se ha per giunta investito, parole sue, ben 72 milioni non ottenendo nulla, be’, allora è arrivato il momento che se ne vada per manifesta incapacità. Parafrasando sempre Policano, sarebbe il caso che si ponesse due domande. Come ha detto Pasquale Bruno, che di Toro ne capisce certamente più di lei, lei è proprietario del Torino FC, ma il Toro non è suo!

Infine una considerazione sulla contestazione. Questa vicenda sembra aver ricompattato la tifoseria del Torino FC, ma non del tutto. Il “non del tutto” viene purtroppo proprio dalla voglia di essere capo popolo di alcune figure che sui social vogliono intestarsi il merito di una manifestazione, modo di fare che induce altre parti di tifo, altrettanto vogliose di essere capo popolo, a non essere unite nello sviluppo e organizzazione della manifestazione. Naturalmente nessuno accetta di essere sotto ad altri. Forse bisognerebbe cominciare a sottolineare che finalmente si torna insieme e non evidenziare chi compie il passo verso chi. Ma confido che presto o tardi ci arriveremo.

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