(Fonte foto: footbAllnerds.it)
In questo calcio frenetico, fisico, razionale e tattico non c’è mai stato spazio per uno degli ultimi “ribelli”. Col numero Diez sulle spalle infatti Jorge Luis Valdivia è stato sempre allergico a questo tipo di gioco, tant’è che il suo feeling con l’Europa non è mai sbocciato nonostante l’enorme bagaglio tecnico del dieci cileno. Nato in Venezuela si trasferisce subito a soli 3 anni in Cile dove impara a giocare a calcio, anche se probabilmente qualcuno ai piani alti aveva già donato una vagonata di talento enorme al giovane Valdivia. La famiglia di Jorge è super tifosa del Colo Colo, e il ragazzo realizza presto il sogno di indossarne la maglia a soli 17 anni. Un talento del genere difficilmente scappa all’occhio vigile dell’Europa, dopo pochi anni infatti Jorge viene chiamato dal Vallecano in Spagna e dal Servette in Svizzera. L’esperienza si rivelerà completamente fallimentare. Come un uccello in gabbia Valdivia soffre i dettami tattici e fisici imposti dal calcio nostrano. Un numero dieci in Sud America non si sogna nemmeno di dover “rientrare” per aiutare la fase difensiva. Non a caso soprannominato il “Mago”, Jorge quando scende sul rettangolo verde è impossessato semplicemente da se stesso. Riesce a vedere cose che gli altri fanno fatica solamente a immaginare, citando una canzone del nostro Enrico Ruggeri si potrebbe riassumere brevemente il rapporto tra Valdivia e il resto dei suoi compagni, “io sono quello da guardare quando ho voglia di giocare sono schiavo dell’artista che c’è in me, datemi un pallone non parlate poi correte a festeggiarmi, io sono l’ultimo egoista perché sono un fantasista faccio quello che vorreste fare voi”. Insomma un calciatore simile o lo si ama alla follia o lo si odia. Un carattere talmente particolare che lo ha visto protagonista di episodi veramente bizzarri. Pensate che una volta dopo l’ennesima trattenuta di un difensore avversario decise di togliersi la maglia e “donargliela”. Anche la storia con la sua nazionale vive di alti e bassi. Famosa la notte passata all’hotel Puerto Ordaz dove Jorge e alcuni suoi compagni rimangono coinvolti in un “incidente” che ha poco a che fare con dei calciatori professionisti. Vengono beccati infatti a lanciare marmellata e prosciutto in evidente stato d’ebrezza per la sala molestando le cameriere che provavano a riportare l’ordine. Ancora Valdivia protagonista quando insieme al compagno Beausejour arriva in stato confusionale alla colazione con i compagni, ne conseguono 10 giornate di squalifica. La storia con la maglia Roja non è assolutamente da dimenticare anzi, se togliamo questi gesti “goliardici” Valdivia diventa presto non solo importante ma decisivo per il suo paese. Si accorge di lui un altro mago, ovvero il loco Bielsa passato da Ct dell’Argentina a Ct del Cile. Decide infatti di reintegrarlo nella rosa nel 2008. Parte dunque cosi l’esperienza delle qualificazioni al mondiale 2010 che lo vedranno protagonista assoluto. Il cammino dei cileni verrà interrotto solamente agli ottavi battuto dal Brasile. Il Mondiale seguente nel 2014 vede andare a segno per la prima e unica volta il mago contro l’Australia, un gol stupendo che lo fece definitivamente entrare nei cuori del pubblico cileno. Il top lo raggiunge però nella trionfale Copa America giocata in casa del Cile nel 2015. Con Sampaoli in panchina gioca tutte le partite del torneo dispensando magie e assist, risultando fondamentale per la vittoria finale. Un eroe in patria un mago capace di incantare chiunque lo veda, un “disadattato” in Europa dove le sue magie sono state soffocate dagli allenamenti sfiancanti imposti dal calcio nostrano. Un calciatore che si ama o si odia, in fondo Jorge Valdivia è sempre stato questo.
Gabriele Grossi