(da sinistra Angelo Binaghi, presidente della Federazione Italiana Tennis, e Giovanni Malagò, presidente del ConiFonte foto: Gazzetta.it)
Al termine degli Internazionali d’Italia, una delle manifestazioni più seguite nell’ambito del tennis mondiale, che si svolge ogni anno al Foro Italico di Roma, il presidente del FIT (Federazione Italiana Tennis) Binaghi e quello del CONI Malagò sono venuti ad accuse reciproche riguardo alla gestione dell’evento.
Non è rilevante, per noi comuni mortali e sportivi amatoriali, conoscere esattamente come si sono svolti i fatti: a perderci, in casi come questo, è sempre lo sport, patrimonio di tutti.
L’oggetto della contesa, infatti, non era tanto la presenza del pubblico (record di presenze e di incassi) dopo la pandemia o le contromisure per tutelarne la salute e la sicurezza, adottate con successo nel pieno rispetto delle normative vigenti, ma la presenza o meno degli atleti della federazione russa e della alleata Bielorussia, in una squallida ottemperanza delle sanzioni imposte dalla comunità’ europea per ciò che sta succedendo in Ucraina.
A prescindere dalle ideologie e dall’evolversi degli eventi bellici, lo sport dovrebbe sempre mantenere la propria autonomia ed essere esente da ogni tipo di discriminazione. Nel calcio la nazionale russa è stata esclusa dalle qualificazioni a Quatar 2022 e, nella Formula 1, a finire nella “black list è stato il pilota russo Mazepin, peraltro dichiaratosi neutrale.
Il Tennis è organizzato dai livelli più alti a quelli più bassi con una importantissima classifica di merito che stabilisce in un ordine molto rigoroso le posizioni dei professionisti più bravi tenendo conto del piazzamento ottenuto nei tornei che vengono disputati e con conseguente penalizzazione in caso di assenza dagli eventi.
Alla luce di questi fatti il presidente Binaghi ha criticato le direttive imposte, a suo dire, da Malagò che, sempre evocando come motivazione le sanzioni UE, avrebbe vietato in prima istanza la presenza agli atleti russi e bielorussi, senza considerare il fatto che il secondo e il quinto del ranking mondiale, Medvev e Rublev (due che portano spettacolo, pubblico e incassi) sarebbero stati estromessi e non avrebbe concesso il permesso neanche a Djokovic, numero uno al mondo!
Ovviamente, poi, a incassi annunciati e metabolizzati, a torneo svolto nonostante le premesse con la presenza degli atleti russi, sono arrivate le smentite, con accuse, da parte di Malagò, parlando di “attacco inelegante e non vero” e rimarcando, a suo favore, la posizione privatistica delle organizzazioni professionistiche mondiali maschili e femminili ATP e WTA, che decidono con regole proprie sulla presenza o meno degli atleti che rappresentano in maniera insindacabile sulla base dei concetti di merito e di equità. Anche da Palazzo Chigi sono giunte le smentite di rito: nessuna imposizione del governo, libera autonomia allo sport e concetto rafforzato di rispetto di competenze e funzioni.
Inoltre recentemente, la ATP, per quanto riguarda Wimbledon, proprio per risolvere la problematica del ranking, ha dichiarato che non saranno dati i punti agli atleti, sempre a causa dell’assenza forzata degli atleti russi e bielorussi.
Non male un “J’accuse” di questo tipo con i più famosi tornei internazionali di tennis alle porte, Roland Garros e Wimbledon su tutti, ma, come vediamo, le posizioni delle organizzazioni di categoria appena citate avranno sempre l’ultima parola in proposito.
Il progredire di una guerra violenta e mediatica come quella che si sta svolgendo in Ucraina sta avvelenando molti aspetti della vita anche nel resto del mondo dove, per fortuna, domina la pace ma stiamo assistendo a riflessi propagandistici dannosi per la cultura (non possiamo dimenticare l’episodio spiacevole dell’università Bicocca di Milano che aveva addirittura sospeso il corso di insegnamento su Dostoevskij) e per lo sport che, per inclusività e universalità, dovrebbero restare incontaminati.
Daniele Scattarreggia