“Tutto si separa, tutto
torna a salutarsi.”
Friedrich Niettzsche
“Se sei abbastanza coraggioso da dire addio, la vita ti ricambierà con un nuovo ciao”, scrive, con il suo ostinato ottimismo, Paulo Coelho; ma a volte è veramente difficile dire addio e non per mancanza di coraggio, ma per assenza di motivazioni per cui si dovrebbe dire addio. Tuttavia la vita ciclicamente ci impone di farlo perché, quasi banale ricordarlo, la vita che ci circonda prevede anche ci sia la fine di essa a sancire definitivamente l’esistenza di ogni cosa. Gli amici e i familiari che si congedano ci danno, oltre ad una infinita tristezza e ad un dolore a tratti insopportabile, anche finalmente l’idea del perché li amiamo amati, cercati, tenuti stretti a noi. E ci consegnano, inoltre, la sensazione del tempo che passa e l’interrogativo di come lo si stia passando. Alessandro Moretti non ha mai amato molto la retorica, era una persona talmente razionale da poter essere scambiata per cinica, sempre abituata a cercare di andare subito al cuore delle cose a costo di essere confuso come un “piallatore” di facili sentimenti. Ti poteva dare una carezza e un pugno animato dalle stesse oneste intenzioni, che erano quelle di non essere mai ipocrita con il suo interlocutore.
Personalmente l’ho sempre apprezzato per questo. In un’epoca in cui si sono persi tutti i sapori e tutte le attese Alessandro era una vera anomalia, in quanto era animato da delle passioni a cui dedicava anima e corpo, a partire dal collezionare maglie di squadre di calcio, passando per una curiosità inarrestabile per gli stadi e le sue storie, e finendo sul vero grande amore della sua vita: il Torino. Il Toro era l’unico momento in cui i numeri lo abbandonavano, era la stazione dove le addizioni e le sottrazioni perdevano
qualsiasi significato, perché l’amore per la maglia granata non ammetteva nessun tipo di calcolo, ma solo speranza e meraviglia. In un qualsiasi Torino-Juventus(che per noi del Toro non sarà mai una partita qualsiasi) cessava di essere il professor Moretti, docente di geografia economica all’università “La Sapienza”, e faceva far largo in modo preponderante ad Alessandro. In quei momenti tornava fanciullo e voleva stare solo con i suoi “fratelli e sorelle” in fede calcistica.
Risate, ironie, polemiche, rimbrotti hanno animato tutti i post partita di una squadra con cui ha condiviso finanche il più piccolo luogo dei suoi sentimenti. Amava il calcio e, soprattutto, lo capiva, per questo si era lasciato trascinare nell’avventura di “CalcioeAltreStorie”, ed aveva in serbo per il canale molte idee, vari progetti nonché molte partecipazioni entusiastiche. Mancherà a tutti noi, per esempio, non poter avere il privilegio di ascoltare le sue analisi e i suoi commenti in occasione dei prossimi mondiali del Qatar. La sua ironia e autoironia mancherà molto, ma soprattutto mancherà la sua competenza. Alessandro aveva la dote rara di sapere sempre quel che diceva e se su un argomento non sapeva aveva l’umiltà di tacere, quasi una mosca bianca nel mondo del web dove sta sempre più trionfando un velleitarismo preoccupante. Avevamo l’intenzione, prima o poi, di vederci per parlare un’intera giornata di cinema (altra sua grande passione), e questa sua fine improvvisa ripropone in evidenza come le cose non vadano mai rinviate, ma perseguite e coltivate.
La montagna, altra sua passione, ce lo ha portato via nel momento più piacevole dell’anno, quello in cui tutti si cerca di ricaricare le “batterie” staccando per qualche settimana dal tran tran quotidiano. “Odio l’Estate” canterebbe a questo punto Bruno Martino, ma se accettassimo questo sentimento non renderemmo giustizia ad una persona che ha sempre vissuto a cento all’ora, senza mai darsi una pausa dalla vita. Alessandro se ne è andato provando ad arrampicarsi verso una vetta, nell’ennesima prova di sfida e gioco. Lui amava molto giocare e veder giocare e allora, a questo punto, meglio salutarsi negando la separazione, dicendo: oggi giochiamo a separarci, caro Alessandro, ma ci vedremo domani. Contaci. E non dimenticare di salutarci tutti i nostri eroi.